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Uzak

Alessandra Miccinesi, Arcobaleno (Italy), 16 June 2004


Dialoghi assenti o rarefatti, una fotografia d’autore incantevole e una regia sapientemente misurata. Sono i pregi del bel film scritto e diretto da Nuri Bilge Ceylan, intitolato “Uzak”, che a Cannes lo scorso anno ha fatto incetta di premi (oltre al Gran Prix e al Premio Miglior Attore ha conquistato anche il Gran Premio Fipresci per il Miglior Film 2003). Un film essenziale e intelligente, raccontato per immagini da sogno e silenzi ovattati. Da festival, insomma. Un film che non mancherà di conquistare anche gli spettatori dai palati meno raffinati. Quelli, per intenderci, sensibili alla poesia delle immagini pure e all’essenza di una toccante vicenda umana, entrambe trasformate in movimenti di macchina da cinema quasi ‘neorealista’, che sullo schermo diventano un inno all’umana malinconia. Grazie alla regia ‘fotografica’ dell’autore turco Nuri Bilge Ceylan (che del film è anche scenografo e direttore della fotografia), il quale trattenendo il respiro e centellinando i dialoghi ha saputo plasmare rughe e espressioni dei due protagonisti – Mehmet Emin Toprak e Muzaffer Ozdemir, premiati ex-aequo a Cannes - incastonandoli in una inedita e innevata Istanbul, “Uzak” racconta la storia di un fotografo, non più giovanissimo, tormentato dall’idea che la distanza tra la sua vita e i suoi ideali stia lentamente, ma inesorabilmente, aumentando (“la fotografia è morta” ripete amaramente agli amici, accontentandosi di sopravvivere anche ai suoi ideali artistici). Ossessionato dalle piccole beghe quotidiane, che tra le pareti domestiche affliggono tutti, in special modo i single – lo scarico del bagno non tirato, la cenere di sigaretta sul tappeto, lattine di birra sparse in salotto, e una mania per l’igiene che si traduce in una pervicace caccia al topo in cucina, o nel tormento per l’ordine mentale mandato all’aria dall’arrivo di un ospite inatteso – il maturo fotografo da anni sopravvive a se stesso realizzando cataloghi per una ditta di ceramica. Ma si intuisce dalla gestualità dell’artista che ritrarre piastrelle in fondo non dà la felicità. A provocare una sterzata alla monotona routine del fotografo, sedotto dal sesso ma intimamente lacerato – l’uomo è oppresso dal senso di colpa per aver costretto, anni addietro, l’ex moglie ad un aborto terapeutico -, è l’arrivo a Istanbul di un giovane parente che ha lasciato il villaggio per andare a cercare fortuna (ma soprattutto lavoro) nella capitale turca. E al quale l’uomo si sente ‘obbligato’ a fornire ospitalità. Un’invasione pacifica che diventa intima, quasi fisica, costringerà il fotografo a riaprire un dialogo con se stesso interrotto anzitempo. Il giovane parente che ogni mattina si reca al porto di Istanbul armato di buona volontà per cercare un impiego come marittimo, tutte le sere torna a casa sconfitto. La ricerca di un lavoro che non c’è dilata i tempi d’attesa costringendo i due uomini a una convivenza forzata niente affatto idilliaca. Ma ad uscirne incrinata sarà la visione pessimista del fotografo, che dopo un colloquio con l’ex moglie riuscirà ad assolversi parzialmente dal senso di colpa, aprendosi a un nuovo capitolo dell’esistenza. Applaudito dal pubblico e osannato dalla critica, “Uzak” sussurra allo spettatore una storia intima e attuale, ambientata a Istanbul sotto la neve. L’unica nota amara di “Uzak” sta, purtroppo, nella tragica scomparsa di uno dei protagonisti del film: Mehmet Emin Toprak – cugino del regista Nuri Bilge Ceylan -, il quale ha perso tragicamente la vita in un incidente automobilistico avvenuto nel suo paese prima che il film fosse presentato a Cannes e vincesse la Palma ex-aequo per il Migliore Attore. Distribuito da Lady Film nei nostri cinema, il film è assolutamente poetico. Da vedere.