nbc home  



«UZAK» DI CEYLAN

Il Mattino, 26 Giugno 2004


Due cugini a Istanbul tra umorismo e poesia

Sulla scia di Antonioni e Anghelopoulos, ma con una sincerità di fondo che tiene a bada il manierismo. Superpremiato a Cannes 2003 (magari per eccesso di zelo anti-hollywoodiano), «Uzak» visualizza un poemetto sulla lontananza spirituale intessuta di nevrosi che disturba e disorienta il rapporto tra l'artista Mahmut e un giovane cugino venuto dal suo remoto villaggio per procurarsi un lavoro e un viaggio al porto di Istanbul.

Scritto, diretto, fotografato e montato dal quarantacinquenne Nuri Bilge Ceylan, il film inanella una dopo l'altra immagini preziose, rarefatte, sofisticate che «parlano» molto di più dei personaggi e «spiegano» senza bisogno di didascalie la pulsazione segreta di un ambiente e di un percorso senza scopo.


Mahmut, in crisi per la divaricazione tra ideali di gioventù e routine di maturità, nonché isolato dai sensi di colpa e dal tedio delle relazioni familiari, è ordinato, maniacale, malinconico; Yusuf è allegro, scapestrato, bighellone; inoltre la tensione tra i forzati conviventi, fatta di piccole ripicche e sgarbi quotidiani, riflette l'impasse societario di una nazione condannata dalla storia e dalla geografia a oscillare pericolosamente tra occidente e oriente. L'autore si tiene rigorosamente lontano dalle tentazioni folkloristiche e insiste - con un pizzico d’intellettualismo - sugli scorci della metropoli innevata e avvolta da luci opache, perfetta per moltiplicare il senso di smarrimento ed estraniamento, il distacco angoscioso dalle radici e il sentimento di un auto-emarginazione che nasce dalla consapevolezza dell'impossibilità di una riconciliazione. La ballata è struggente eppure non banalmente depressiva, forse perché sapienti sfumature umoristiche irrobustiscono lo stile minimalista e introducono l'emozione laddove sembrerebbe prevalere l'eleganza.